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Ilaria Galbusera: la sordità è una meravigliosa opportunità

Ilaria Galbusera

Intervista a Ilaria Galbusera di Michele Peretti – 23/09/2019

“Siamo nati per vivere insieme, non separati l’uno dall’altro. Si è gratificati personalmente se si combatte per superare le difficoltà e sconfiggere i pregiudizi.” (Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica)

Ilaria Galbusera, Capitano della Nazionale Pallavolo FSSI (Federazione Sport Sordi d’Italia), è stata insignita del titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana «per l’impegno e la passione con cui fa dello sport uno strumento di conoscenza e inclusione delle diversità». Sorda profonda dalla nascita, si è laureata in Economia e gestione dei beni culturali e dello spettacolo all’Università Cattolica di Milano. Nei panni di co-regista ha girato il documentario “Il rumore della vittoria”.

1) Che cosa significa per te essere sorda?
Sono tante le risposte che vorrei poter dare a questa bellissima domanda, perché per me ha tanti significati e sono tra loro diversi, a seconda dei contesti. Sono sorda dalla nascita, la sordità fa parte di me da sempre. Quindi se dovessi scegliere un significato direi senz’altro che è un’identità, un modo di vivere e di sentire il mondo con altri occhi.

2) Com’è stato crescere con un genitore sordo e l’altro udente?
Ha significato crescere in due “mondi” e due culture tra loro diversi, ma al tempo stesso così uguali e complementari. Sono cresciuta quindi bilingue da mamma udente CODA e da papà sordo. Ho un fratello udente più grande di me di 4 anni e che conosce la Lingua dei Segni. A tavola la sottile linea tra “mondo udente” e mondo sordo” non era poi così marcata, anzi non si capiva più chi fosse il sordo e chi l’udente. Tutti insieme parlavamo, segnavamo o entrambe le cose.

3) Che ruolo ha la LIS nella tua vita?
Ha sempre avuto un ruolo importante e lo ha tutt’ora. Come detto prima, sono cresciuta con la Lingua dei Segni Italiana e con l’italiano. Sono due lingue diverse. Ho imparato a parlare grazie alla Lingua dei Segni. Da piccola, ogni segno corrispondeva a una parolina. Faccio un esempio: il segno palla diventava un’immagine e di conseguenza una parola. Le paroline diventavano poi delle frasi intere. Con l’esperienza dalla mia parte, sostengo tutt’oggi l’importanza di un’educazione bilingue.

4) Quali sono le sfide della tua quotidianità?
Le sfide quotidiane sono tante quanti sono i contesti della vita. Dalla scuola all’Università, dal lavoro allo sport. La sordità è una disabilità invisibile e a maggior ragione ancor più invalidante rispetto alle altre. Oltre alle diverse barriere comunicative che ostacolano alcuni aspetti della vita delle persone sorde, si convive costantemente con l’ignoranza della gente, a volte innocua, a volte no, dettata anche dai pregiudizi e dagli stereotipi che da sempre gravitano intorno al mondo della sordità e che sono duri a morire. Le difficoltà non sono mai mancate. Come per esempio durante il percorso universitario. Ma è qui che sta la capacità di trasformarle in una “sfida” e riuscire a laurearsi per dire: “ce l’ho fatta da sola”. È una delle soddisfazioni più impagabili.

5) Come può lo sport essere di aiuto alle persone sorde?
Premetto che ho sempre amato molto lo sport. Per me lo sport è vita. Sono cresciuta a pane e sport e lo pratico da quando sono piccola. Mi ha permesso di essere quella che sono oggi. Mi ha permesso di migliorarmi sempre, di mettermi alla prova, di tirare fuori il meglio di me. Nello sport non esiste il diverso. Lo sport unisce, fa incontrare tra loro le persone nel pieno senso della condivisione e del rispetto. Nuove amicizie diventate per me importanti sono nate grazie allo sport. Dà la possibilità ai ragazzi sordi e non di aver piena autostima di sé stessi, di acquisire sicurezza nelle proprie capacità, come è successo a me. Sono fortemente convinta che, ad oggi, lo sport sia l’unico mezzo per fare integrazione al 100%. Al tempo stesso per i ragazzi sordi è fondamentale fare sport insieme, in quanto permette loro di confrontarsi, avendo le stesse difficoltà quotidiane. Solo con il confronto tra simili c’è la possibilità di capire che non si è soli a questo mondo. Non c’è altra persona che possa capirmi meglio di una persona sorda. Questo confronto mi è servito molto durante l’adolescenza, un periodo in cui non accettavo la mia sordità. Vedere le mie compagne sorde realizzarsi nella vita, mi ha permesso di capire che i limiti possono diventare punti di forza e così è stato.

6) Perché hai scelto proprio la pallavolo?
La passione per la pallavolo è nata seguendo le gesta di mio fratello Roberto, che allora giocava nell’Olimpia SAV di Bergamo. Andavo sempre a vedere le sue partite accompagnata da mamma e papà. Mi piaceva molto vedere, non solo il gioco, ma soprattutto come i ragazzi si divertissero e socializzassero molto tra di loro, considerando che allora facevo uno sport individuale. Così a 12 anni mi sono iscritta al Volley Excelsior Bergamo iniziando nell’Under 13. Ho fatto tutte le trafile delle giovanili fino ad oggi. Da allora sono trascorsi 16 anni e la mia passione non si è mai spenta. Tante sono le cose che mi piacciono di questo sport. È uno sport dove la squadra conta cento volte più del singolo. Le singole forze per essere realizzate devono passare attraverso la squadra. Una squadra è vincente quando le singole giocatrici si mettono a disposizione delle altre ed è qui che sta la forza e lo spirito di gruppo. Un singolo non è nulla senza la sua squadra. Tant’è che agli Europei a Cagliari (medaglia d’oro) non eravamo 14 giocatrici, bensì una sola. Tanto unite tra di noi, dentro e fuori dal campo, che sembravamo una corazzata. Un’incredibile energia, punto dopo punto. Ci abbiamo creduto fino alla fine. Amo questa complicità e questa interdipendenza, nonché l’incredibile adrenalina che ne scaturisce ogni volta.

7) Che cosa sono i Champions’ Camp?
L’idea nasce nel 2011 da Manuela Nironi, una splendida persona con cui ho il piacere di lavorare, con la collaborazione dell’ASD GSS Reggio Emilia. Ho iniziato a lavorare con lei nel 2014, dalla seconda edizione, e i nostri progetti vengono realizzati assieme a Champions’ Camp, una realtà già presente sul territorio nazionale dal 2006 e che tutte le estati organizza campi estivi con tematiche diverse. I nostri sono Camp estivi multisportivi accessibili a 360 gradi. Destinatari bambini e ragazzi sordi che trascorrono, insieme ai loro coetanei udenti, una vacanza all’insegna dello sport, del puro divertimento e in un contesto di piena e completa integrazione. I partecipanti sono affiancati da personale adeguatamente selezionato e formato per venire incontro a tutte le esigenze, aiutando i bambini e ragazzi sordi a comprendere le direttive dei maestri e a integrarsi nel migliore dei modi. Lo staff è composto da ragazzi sordi, CODA e interpreti professionisti in Lingua dei Segni Italiana. Ogni edizione di Champions’ Camp ha visto un numero crescente di iscrizioni. Questo non può farci altro che piacere, segno che stiamo lavorando su un progetto di integrazione e di inclusione che ha un ottimo riscontro da parte delle famiglie. Le stesse si ritrovano nei valori che il Champions’ Camp insegna e che trasmette ai loro figli al termine dell’esperienza. Lo sport è fondamentale per la crescita di ogni bambino, è in grado di non marcare le differenze, è un mezzo capace di fornire una piena integrazione e permette a chiunque di accrescere la propria autostima. Se il tutto è inserito anche in un’ottica di piena e completa accessibilità, allora si può dire di aver vinto. È un progetto in cui io e Manuela crediamo fortemente e, considerando che lo sport è vita, vogliamo dare la possibilità a quanti più bambini sordi di vivere questa esperienza. Siamo convinte che per loro sarà un momento di crescita indimenticabile.

8) I sordi possono gareggiare insieme agli udenti?
Sì, le persone sorde gareggiano e possono gareggiare insieme agli udenti. Ad esempio noi atlete della Nazionale di Volley Sorde ci alleniamo e giochiamo con le squadre udenti nei vari campionati FIPAV (Federazione Italiana Pallavolo) nei club delle città dove viviamo. Dalla serie B alla Prima Divisione. C’è un lavoro di continuo coordinamento con le squadre dei club, con le società di pallavolo sordi, con la FSSI (Federazione Sport Sordi Italia) e con la Nazionale. Ci vediamo 7-8 volte all’anno per allenarci durante i raduni collegiali.

9) Perché esiste una Federazione per soli sordi?
Per rispondere a questa domanda è necessario fare alcune premesse storiche. La data di inizio del movimento sportivo dei sordi viene convenzionalmente indicata nel 1924 con la disputa delle prime Deaflympics di Parigi. In Italia in quel periodo non c’era ancora un’organizzazione nazionale che si occupasse dello sport dei sordi e ancora nessuna società sportiva si era costituita. Inoltre, le Deaflympics si sono costituite ancora prima delle Paralimpiadi, che sono state organizzate solo più tardi, coi veterani reduci dalle due Guerre Mondiali. Ecco il motivo per cui spesso ci si chiede come mai le persone sorde non gareggino nelle Paralimpiadi. Un motivo riconducibile è quindi quello storico. Il secondo motivo è legato prettamente alla disabilità in sé. Le persone sorde non possono gareggiare con atleti che hanno disabilità fisiche o disabilità sensoriali, come la vista, dove è necessario avere un accompagnatore. Le persone sorde sono indipendenti e autonome. A differenza delle altre disabilità, la nostra è una disabilità invisibile. Dopo varie vicissitudini, nel 2005 viene fondata la nuova Federazione Sport Sordi Italia (FSSI). La stessa è operante e riconosciuta dall’International Committee of Sports for the Deaf (ex Comitato Internazionale dello Sport Silenzioso-CISS) e dall’ESDO (Organizzazione Europea dello Sport dei Sordi). Il 4 febbraio del 2006 la FSSI viene riconosciuta dal Comitato Italiano Paralimpico (CIP) e attualmente come Federazione Sportiva Paralimpica nella cui organizzazione risultano affiliate 105 Società che praticano 44 discipline sportive. La Federazione Sport Sordi Italia inoltre promuove lo Sport tra e per le persone sorde non solo come benessere fisico e psicofisico individuale, ma anche come mezzo per una totale inclusione e integrazione, abbattendo quelle barriere comunicative che si presentano nei diversi contesti sociali e sportivi con le persone udenti. La presenza di una Federazione per persone sorde è anche un mezzo per promuovere l’importanza educativa e sociale dello sport, consentendo a molti ragazzi, atleti, sportivi, di crescere in maniera autonoma, contribuendo ad accrescere le proprie capacità e la propria autostima. La sordità non è un limite invalicabile, bensì un limite che può essere superato.

10. Come dovrebbe essere, a tuo avviso, una società realmente inclusiva?
Una società realmente inclusiva è una società priva di barriere. Un mondo alla portata di tutti, accessibile in ogni dove, in ogni contesto e senza limiti o difficoltà.

11. Qual è il tuo motto?
Ne ho diversi a seconda dei periodi e delle emozioni. Quello che più sento vicino a me in questo momento è il seguente: Ogni cosa accade per una ragione.

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